Arte relazionale e design partecipato: Maria Chiara Calvani

Design for the Real World: Human Ecology and Social Change , e Nomadic Furniture, del grande austriaco Viktor Joseph Papanek ( 1923-1998), rimangono inascoltate opere fondanti, profetiche proposte nelle fluttuazioni bulimiche del design, irresponsabilmente orientate al lusso per una miopia consueta del mercato. Dal lavoro artistico sono spesso invece giunti segni di responsabilità ed interesse negli ultimi decenni, a partire da Maria Lai, su una linea, quella dell’Arte Relazionale, nei migliori esempi della quale la vocazione sociale non oscura la qualità estetica del prodotto.

She works principally with installation, video, action and performance in a site specific  projects and other contemporary practices, involving  the local communities of city or territories. Her artistic research has been recently focused on different forms of rituals in different cultures and on the common elements found in the rites of the roots of the cultures of different peoples.”

Crediamo sia il momento giusto per proporre una interpretazione del percorso che ha portato questa artista alla sua attuale condizione, descritta lucidamente in tempi recenti nel suo CV pubblicato qui in apertura; la cronaca vede una sua Mostra del 2008, in una collettiva da Embrice, con Alessandra Baldoni e Silvia Sbordoni. Per lei la seconda Esposizione, per Embrice la prima in campo artistico. La “Terra del sonno” che Maria Chiara Calvani ci invita ad esplorare non è il territorio onirico dei Surrealisti….E’ una terra  concreta e feconda come quella coltivata dai contadini…In altre parole messo in circolazione secondo una strategia di accrescimento esponenziale dove comunque la quantità sia subordinata alla qualità . Così Paolo Balmas nella sua presentazione.

L’appuntamento successivo sarà alla Biennale di Venezia.

Con “ la Casa Ricamata” ( 2014-2018 ) l’Artista recupera parte della sua formazione architettonica dotandosi di uno “strumento” che consente di volta in volta di raccogliere testimonianze e culture: condensate in proverbi che vengono dalle regioni Italiane come dal Regno Unito, dalla Cina, dalla Polonia.

Strumentiperaccogliere( 2018) costituisce per l’Artista, in senso proprio, un “dispositivo nomade per la raccolta, catalogazione e studio delle erbette di Ormea, cucina, preparazione di cibi, tisane tipiche del territorio”. Installazione Site specific realizzata in occasione della Residenza d’Artista Nasagonando Art Project, Comune di Ormea (Cuneo), Centro Richiedenti Asilo Ormea, a cura di Emanuele Piccardo.”

Il progetto nasce dalla consapevolezza che i migranti e gli ormeaschi possano attivare, collaborando insieme, un processo di ideazione e costruzione di un “soggetto” intorno al quale la comunità stessa si rispecchi. Il “soggetto” é rappresentato dalle erbe – che nella storia locale venivano usate tanto come creme lenitive quanto nella preparazione dei cibi – e da un dispositivo mobile, costruito dall’artista con la comunità e che l’artista concepisce come un vero e proprio corpo capace di accogliere libri e manuali e farsi strumento per la cottura dei cibi, una sorta di focolare mobile intorno a cui ricostruire una relazione umana. Una “macchina” nomade che verrà lasciata all’associazione Ulmeta per la propria attività culturale e sociale.”

Ormea, 922 famiglie e 1587 abitanti nel 2018, è un luogo attivo di integrazione sociale, con migranti al lavoro sul paesaggio silvo-pastorale. Nomadic design e arte relazionale consentirebbero oggi una svolta nel mondo della formazione, artistico e produttivo in un momento critico della nostra condizione. Nel caso dello “strumento-strumenti” per Ormea, un oggetto complesso, multifunzione, si propone come centro di un rituale collettivo del fare. Attorno ad esso si compongono azioni dell’alba del sapiens alla scoperta del fuoco, raccoglitore e cacciatore nel tempo del pericolo e dell’abbondanza.

Carlo Severati