Piazza San Pietro, terminale del Porticato nord: traguardare e misurare, in memoria di Massimo Birindelli.

L’edizione Springer Wieweg dei saggi di Massimo Birindelli su San Pietro ( I colonnati e l’ambiente circostante, Le strade barocche, L’ambiguità, Le geometrie del quadrato, le planimetrie ) , esce nel 1987 con il titolo Ortsbindung ; “ legame con il contesto ambientale”. L’edizione segue quella universitaria (Istituto di Storia dell’Architettura Università Sapienza) le due di Officina del 1980 ( La Machina Eroica, il disegno di Gianlorenzo Bernini per Piazza San Pietro e La strada nel Palazzo ) e quella Laterza del 1981, limitata alla Piazza .Ort, l’ambiente circostante, è delimitato, nel tempo in cui il progetto prende forma, dal passetto, e caratterizzato dal Palazzo Nuovo, da minuta edilizia all’arrivo di Borgo Nuovo, dalla fontana del Maderno , dall’obelisco eretto da Sisto V (qui nelle mappe del 1555, 1593, 1748) e dalla Chiesa, alla quale il colonnato si raccorda con la articolata giacitura del vuoto della Piazza: una superficie scultorea, non un piano.

Il sottotitolo tedesco, Una scoperta critica dell’Architettura, continua a collocare il saggio, in ambito germanico, ad una certa distanza dalla Storia dell’Architettura,: a Massimo viene negata la cattedra per l’insegnamento della Storia dell’Architettura in Italia; non valgono né l’appassionato sostegno di Renato Bonelli, primo Editor delle opere, né l’aperto riconoscimento di Paolo Portoghesi che, in occasione della presentazione allo ancora Istituto di Storia dell’Architettura saluta la nascita di un nuovo storico dell’architettura .

Di fatto Birindelli guarda come un progettista: anzi traguarda il complesso di oggetti che formano le scena del colonnato e i Palazzi Vaticani, e coglie, oltre a molto altro, il parallelismo con la facciata sud est del Palazzo Nuovo (nella imponenza volumetrica delle opere di Sisto V ) del piano di giacitura della testata nord del porticato. L’opposizione Accademica viene da questo approccio, piuttosto che dal merito delle sue osservazioni, come sarebbe stato utile e forse necessario. Massimo, morto vent’anni fa, Giugno del 2001, sosteneva con una punta di orgogliosa autoironia di aver costruito il suo monumentale lavoro senza prendere neanche una misura.

Dalla sua scoperta critica si svolge un modo di leggere l’Architettura con il quale Massimo disvela disassamenti, aporie dell’ordine berniniano, laddove il semicerchio si scontra con l’asse di Borgo Nuovo, fino ai dettagli dell’uso dell’ordine e della geometria nel teatrale passaggio che sale verso la Cappella Sistina.

Ne riparlo con lui alle fine degli anni 1980, con in tasca alcune misure, prese nelle mie innumerevoli visite al Colonnato. Non un rilievo : misure accidentali in centimetri, penalizzate dall’usura delle basi, da riconvertire in piedi e pollici per avvicinarsi al reale dimensionamento del progetto. In realtà corde di arco, essendo le basi delle colonne pseudotrapezi con due lati radiali e due concentrici . Misure che crescono progressivamente da 200 centimetri a 220 ca.

I due sistemi, interno ed esterno, qui sopra rappresentati, hanno la stessa altezza e modulazione dell’ordine, ma sono totalmente diversi per dimensione e proporzionamenti.

Queste due nature , quasi antagoniste, si compongono come per miracolo nella simmetria quasi perfetta del timpano frontale con le sue colonnee pilastri .

Come è possibile che la serie di quattro colonne con basi crescenti arrivi a destinazione composta in una testata simmetrica?

Si tratta evidentemente di un meccanismo molto complesso, che propone una testata, come si vedrà, di una simmetria imperfetta.

In primis i due ordini non si presentano direttamente all’appuntamento.

Un pieno murario di pilastri e lesene consente di assorbire in buona parte le differenze.

In secondo luogo l’intera testata nord, che si affianca al meccanismo radiale del colonnato , segue la proiezione dal centro dell’ampio arco -non costruito- ( centro in incerta e controversa posizione- Bernini, 1657, Birindelli, 1980, Morelli, 2015 – ) che chiude la curva a quattro centri. L‘ovato tondo , tracciato con differenze modeste ma formalmente sostanziali rispetto ad uno ellittico (Carlini, Magrone, 2017) . Scelta geometrica necessaria per consentire di collocare la facciata terminale della testata nord su un piano parallelo alla facciata meridionale del Palazzo Nuovo e, come vedremo, di ridurre la dimensione planimetrica del colonnato esterno in arrivo sulla testata.

Inoltre, due edicole sporgenti, apparentemente simmetriche – in realtà lati paralleli, curvilinei, su di una base trapezoidale -, vengono collocate sui lati esterno e interno.

Edicole sostenute da colonne su basi di dimensioni decrescenti, a mano a mano che si procede dall’esterno verso l’interno della Piazza.

Quelle estradossate all’esterno, 213 centimetri (minori di quella più prossima, 218 centimetri del circuito esterno ); le colonne centrali della testata, base 207 centimetri ( stessa dimensione di quelle interne dell’anello esterno ) , mentre quelle estradossate lato piazza hanno, come le altre del colonnato interno, base 200 centimetri. Un proporzionamento che risolve il conflitto fra le dimensioni delle coppie di colonne interne ed esterne.

Rimangono due tracce della fatica progettuale, entrambe nel pilastro d’angolo a destra della testata.

Il pilastro ha una pianta trapezoidale; cosicché la larghezza maggiore, in arrivo, della fascia esterna dei pilastri, viene significativamente ridotta ; inoltre la fascia esterna adiacente del pilastro ha una quasi trascurabile, ma significativa, maggiore larghezza ( 150 centimetri) rispetto a quella, complanare, di sinistra ( 145 centimetri ).

E’ la terza misura che mi ero portato in tasca. Massimo, mi sembra di ricordare, in quell’incontro, concorda e annuisce.

Nella fisicità dell’opera architettonica traguardare e misurare si compongono inevitabilmente; guardare dal centro del cerchio minore dell’ovato ci soccorre nell’ordinamento dei diametri delle colonne e misurare disvela gli accorgimenti costruttivi.

Il terminale del porticato si può in definitiva descrivere al meglio con un termine preso in prestito dalla letteratura e dalla medicina: crasi.

Fusione, in questo caso, di due ordini architettonici con due sole variabili in comune: l’altezza e la modulazione dell’ordine.

Massimo non voleva ricostruire l’iter progettuale di Bernini; come un perito settore si era limitato ad una approfondita analisi del corpo per documentare la sua anatomia. Una analisi che è stata invece letta come una riprogettazione indebita. ( Grazie alla Biblioteca Centrale di Architettura Sapienza, operativa nei limiti della crisi pandemica).

Carlo Severati 20 04 2021