Architetti-Artisti nella seconda metà del Novecento a Roma, Paola D’Ercole,frammenti inediti

La Mostra Architetti-Artisti nella seconda metà del Novecento a Roma, Paola D’Ercole, frammenti inediti, presenta con 43 opere e 4 video il lavoro della Architetto-Artista Paola D’Ercole.

Opere inedite di Paola D’Ercole (1943- 2006 )

di Carlo Severati

La Mostra documenta, nel contesto del suo lavoro, gli anni 1996-2006 sconosciuti ai più; testimone chiave Antonio Pernici, uno dei componenti della Studio Labirinto, compagno e saltuariamente collaboratore di Paola. Sempre del tutto disinteressata al mercato, quando comincia a cercarlo, sostenuta dalla Galleria AAM di Francesco Moschini e da una attenta collocazione critica di Achille Bonito Oliva, ne viene sostanzialmente respinta. Lascia scritta lei stessa una amara diagnosi: non è mai stata né un architetto né una artista; è stata una ricercatrice sul segno, sulla forma, sulla Gestalt nelle varie articolazioni del suo incontro con la materia. Mai rassicurata da se stessa, men che meno rassicurante per i Collezionisti.

Non c’è dubbio che la dimensione nella quale si colloca tutto il lavoro di Paola D’Ercole, lungo quaranta anni, (quindici anni sono passati dalla morte, e ben cinquantacinque dal quel suo primo disegno intitolato “labirinto”) abbia come referente chiave il binomio architettura-città. Una riflessione sul suo lavoro, infatti, induce a tentare uno sguardo complessivo sulla trasformazione della Città e del Territorio in Italia negli ultimi cinquanta anni da un particolare punto di vista, che fa capo ad una ipotesi di lavoro relativamente scontata. L’ipotesi parte dalla constatazione che la ricerca sull’architettura, sulla storia e sulla teoria dell’architettura, in ambito romano, di tre generazioni di nuovi Architetti laureati fra il 1958 e il 1970 non abbia prodotto alcun cambiamento leggibile sulla forma della città di Roma, con poche eccezioni, nel bene e nel male, collegate ai Costruttori romani.

Mentre la nostra artista disegnava il Labirinto, lo sviluppo territoriale si avviava decisamente nella direzione del miglior rapporto costi-ricavi in spregio totale alla salvaguardia ambientale e della qualità dell’ambiente costruito e della Architettura. Cambiando totalmente le visioni paternalistiche e, a modo loro, responsabili, del primo capitalismo italiano del dopoguerra.