di Carla Scura.
Nel corso di una breve visita nella seconda città dell’Olanda – e a spese degli splendidi esempi di architettura contemporanea che caratterizzano Rotterdam – è possibile visitare ben due centri di sperimentazione dell’edilizia residenziale pubblica del primo Novecento, ovvero il complesso di Spangen progettato da Michiel Brinkman nel 1919-21 e il quartiere di Kiefhoek, realizzato dall’architetto olandese J.J.P. Oud nel 1925-27 (il tutto in un solo giorno viaggiando agevolmente su un mezzo otto-novecentesco come il tram, in quella che d’altronde rimane una cittadina nonostante coincida con il porto più importante d’Europa). Una visita del genere ben si colloca nel contesto della ricerca condivisa in Embrice2030 sulla città sostenibile, l’edilizia residenziale pubblica e in particolare la dimensione low-rise high-density.
Partendo dal libro quasi omonimo edito da Embrice2030/Ermes che rende conto della principale ricerca e pratica architettonica di Paolo Meluzzi, si può andare in cerca di questi primissimi esperimenti edilizi e urbanistici sopra citati, che fortuna volle risparmiare alla distruzione della Seconda Guerra Mondiale. La città di Rotterdam infatti è stata rasa al suolo (causando poi la resa dell’Olanda ai nazisti) come a poche altre è successo, e delle preesistenze di questo aggregato urbano che esiste dal secolo IX nulla è rimasto se non qualche toponimo. Il patrimonio modernista, invece, è stato in alcuni casi risparmiato dai bombardamenti.
La prima meta, quindi, è l’insediamento di Spangen, Justus van Effen, una novità assoluta in termini tipologici. Sarebbe il primo, infatti, che propone “case unifamiliari sovrapposte” ma lavorando su un progetto d’insieme ereditato dalla tradizione nord-europea, il blocco edilizio con corte interna. Le case sono in linea ma l’accesso, esclusivo e non condiviso, avviene da uno spazio semipubblico (attualmente in realtà solo-privato, poiché il visitatore può soltanto accedere alla corte: le “strade pensili” non sono più raggiungibili). Parliamo di strade e non ballatoi perché si stratta di spazi abbastanza ampi per la socializzazione, non solo per il transito.
Lo stile qui è ancora déco e i materiali presentano un misto di innovazione e tradizione: calcestruzzo a vista e mattoncini marroncini, esattamente quali quelli che si vedono nelle strade circostanti; in un certo senso, da fuori il complesso sarebbe difficile capire che l’enclosure racchiuda tanta novità. Sempre dall’esterno, infatti, la lettura della tipologia non è veramente leggibile. Qualcosa si sospetta dalle grandi entrate a mo’ di ponte levatoio (in realtà dei passaggi al di sotto degli appartamenti del terzo piano), con il cemento armato lasciato a vista nel tipico arco poligonale del portale a mensole ribassato – elemento questo, del cemento armato, che viene esposto in tutta la sua potenza e crudezza non appena si varca la soglia del complesso. Si tratta della strada pensile che corre lungo quasi tutto l’interno della cinta di appartamenti, per così dire, sostenuta da pilastri free-standing, non inglobati nelle case, come fosse una piccola sopraelevata privata.
La tipologia residenziale viene interrotta, nelle corti interne che si succedono, da blocchi di edifici che hanno funzioni diverse da quella abitativa e a volte da sistemazioni diverse delle facciate, come sporgenze su cui poggiano balconi. Gli appartamenti dei duplex ai piani superiori presentano invece aperture incastonate nella facciata e protette da fasce di calcestruzzo a facciavista, impreziosite da intarsi di maiolica azzurra che ricorrono anche lungo la sopraelevatina. Brinkman quindi nell’applicare la tipologia ha impresso ritmo e movimento alle facciate che danno sull’interno tramite una serie di accorgimenti estetico-funzionali che personalizzano la ricercata standardizzazione.
Michiel Brinkman era nato proprio a Rotterdam nel 1873. Ha lavorato quasi sempre nella città natale e in particolare attraverso lo studio Brinkman en Van der Vlugt, cui si deve fra gli altri la progettazione della fabbrica Van Nelle e la Huis Sonneveld, esempi supremi di funzionalismo olandese.
Abbiamo quindi un vero “proto-tipo complesso” di case basse ad alta densità con alloggi duplex sovrapposti su 3-4 piani con accesso privato diretto dallo spazio semipubblico, e con il vialetto pensile largo 3 metri che funge da spazio aperto privato fruibile (per stare alla definizione condivisa, codificata negli anni Sessanta). La strada pensile è stata ripresa sia dall’architettura locale sia da Le Corbusier, arrivando fino agli sfortunati Robin Hood Gardens <www.facebook.com/embrice.aps/posts/2006795706251811> degli Smithson a Londra che sono stati appena smantellati.
In poco tempo, passando per lo snodo della Station Centraal, si raggiunge il quartiere realizzato da Oud (che si trova a sud della Nuova Mosa, oltre il ponte di Erasmo, mentre Spangen è a nord-ovest). In questa zona l’altezza media degli edifici è ancora più bassa, e la transizione dalle casette a schiera in stile tradizionale, a un piano, ai bassi blocchi bianchi del Bauhäusler è senza soluzione di continuità, non fosse appunto per il colore dell’intonaco e i materiali stessi.
Non abbiamo quindi case sovrapposte ma schiere di case unifamiliari duplex ciascuna provvista di accesso privato da piccola corte anteriore che affaccia su spazio pubblico, con dei begli elementi semicircolari in cemento armato la cui curvatura riecheggia quella delle torrette-balconcino poste all’angolo di ciascun blocco.
Il leitmotiv tondeggiante, più che ricorrere, domina l’accesso al quartiere perché è l’elemento caratterizzante dei tre isolati triangolari che si affacciano sulla piazzetta da cui si diramano le strade di Kiefhoek, a raggiera, ed è accentuato dalle lunghe pensiline che accompagnano la curvatura in corrispondenza dell’angolo acuto dell’edificio. Il motivo tondeggiante è comunque utilizzato con estrema misura, e il complesso residenziale rimanda un’immagine di grande spartanità. Probabilmente non riusciamo più a cogliere l’effetto rivoluzionario che doveva avere, soprattutto per il colore bianco: le facciate scorrono lisce, prive di qualsiasi elemento che ne disturbi la texture non fosse che per i nastri di finestre con gli infissi gialli lungo il piano superiore – che però conferiscono ulteriore unità, cancellando l’individualità dei singoli alloggi – e le porte rosse che punteggiano con regolarità il nastro delle bucature al piano terra (con infissi acciaio e grigi). L’altra, discreta, nota di colore è data dagli elementi in ferro dipinto azzurro sul piano strada, inferriate e tubolari. Un altro esperimento tipologico olandese di straordinaria pulizia e coerenza.
Rispetto al complesso progettato da Brinkman pochi anni prima, che presenta elementi e variazioni che rimandano al déco, il Kiefhoek è tutto giocato sulla serialità e la ripetizione di elementi identici collegati dagli elementi curvilinei, in alcuni casi sulla simmetria (v. l’ideale entrata al quartiere). L’unico edificio che si discosta, di poco, dal pattern è la chiesa, la cui facciata “indeterminata” – ancora una volta, in linea con la tradizione nord-europea, che quindi vive e si tramanda in molti e diversi modi nell’architettura nordica del Novecento – ancora reca esposto con i tipici caratteri Bauhaus l’anno di costruzione: 1929.
Jacobus Johannes Pieter Oud (1890-1963), co-fondatore con Theo van Doesburg della rivista «De Stijl», venne nominato nel 1918 architetto comunale della città di Rotterdam, dove bisognava rispondere a una forte crisi di alloggi per le crescenti comunità operaie. Qui infatti realizzò, compiendo una transizione dal neoplasticismo al Bauhaus, vari complessi residenziali popolari (fra cui blocchi Spangen, Hoek van Holland e il qui presente Kiefhoek), mentre a Stoccarda partecipava alla costruzione del quartiere modello del Weissenhof <embrice2030.com/2018/05/02/abitare-la-weissenhofsiedlung-di-stoccarda-1927-2017-approfondimenti-e-interpretazioni/>, replicando il suo progetto delle piccole case a schiera [C. Severati], che riprende alcuni motivi del Kiefhoek, e portando a termine il vero compito del complesso ideato da Mies van der Rohe, la creazione di una nuova tipologia abitativa per le classi popolari.
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