La Galleria di Ricerca Embrice presenta un’installazione composta da un telo bianco ricamato, un diario, un video e un’azione performativa che documentano il lavoro artistico svolto da Maria Chiara Calvani sul Ponte sul Danubio “Maria Valeria” che collega i territori dell’Ungheria e della Slovacchia. Cos’è per te l’Europa? Sturovo: l’artista seduta al centro del ponte Maria Valeria sul punto che segna il confine tra la Slovacchia e l’Ungheria ricama parole. Queste ultime nascono dal dialogo con alcuni passanti che si fermano a parlare con lei. Maria chiara Calvani chiede loro cosa sentono quando pensano all’Europa oggi e li invita a scrivere nel diario che ha con sé una parola, una piccola frase nella loro lingua d’origine. Successivamente le parole e le frasi vengono trascritte sopra pezzi di tela bianca. I frammenti di tessuto vengono tagliati in due in corrispondenza della parola. Tutte le frasi e le parole vengono ricamate con un filo di lana bianca. Il filo come un ponte collega le due parti divise, le ricuce insieme, anche se il taglio al centro resta visibile come una ferita, una frattura. Europa memoria, Europa colonizer, Europa frontiera, Europa famiglia, Europa xenofobia, Europa malata. L’artista ricama facendo attenzione a non lacerare la parte più fragile, quella recisa: è in quel punto che il tessuto si smaglia e il filo fatica a tenere insieme i due lembi.
In mostra saranno disponibili per la consultazione un testo critico di Vincenzo Sorrentino, nonché, cataloghi, libri e altro materiale documentale, a testimonianza del decennale percorso di ricerca dell’Artista.
Carlo Severati

PRESENTAZIONE
di Vincenzo Sorrentino
Quella di Maria Chiara Calvani è un’opera-esperienza. Ha una tradizione alle sue spalle, che interpreta in maniera personale. L’artista è coinvolta in prima persona in un gesto creativo che è una pratica di trasformazione: dei materiali ovviamente, ma anche di sé e degli altri con cui entra in rapporto. Partire e collocarsi su un ponte al confine tra Slovacchia e Ungheria, per incontrare delle persone con le quali e attraverso le quali interrogarsi sul senso dell’Europa, è espressione della natura più profonda del lavoro artistico di Maria Chiara Calvani. Il corpo come veicolo di relazioni creatrici. I concetti e i valori sottendono reti interpersonali, che sono poi il terreno che li rende vitali. L’opera non è qui solo rappresentazione metaforica, ma anche azione che dissoda questo terreno.
Un ponte come luogo della creazione artistica. Ponte su un confine nel cuore dell’Europa. I confini sono ponti e non muri. I ponti non annullano le distanze e non cancellano le differenze, ma le mettono in relazione, salvaguardandole, senza schiacciarle in identità omologanti, soffocanti, violente (come le cesure determinate dai muri). I confini sono soglie. Le soglie non chiudono, sono fatte per essere attraversate: ci spingono a cambiare direzione, a guardare quello che abbiamo alle spalle, ad uscire dal Dentro e ad entrare nel Fuori, a comprendere che ogni Dentro è un Fuori, e viceversa. Basta voltare lo sguardo. Al di là dei ponti non vi è niente di assoluto. Le soglie sono linee di problematizzazione, ci sollecitano ad interrogarci.
Europa. Una parola antica. Come antico è il gesto del cucire. Reso nuovo nell’opera di Maria Chiara Calvani, proiettato nel futuro. Come il parlare e lo scrivere. Parole, ancora e sempre. Trame di emozioni, idee, valori. Lacerati nel loro cuore e ricomposti, con un filo. Il filo dell’arte, il filo della vita, fragile e tenace.
Europa. Tracce remote, volti nuovi: Frontiera, Casa, Sicurezza, Pace, Merda, Libertà, Corruzione, Sogno, Fortezza, Identità, Forza, Minaccia, Passato, Futuro, Crisi, Delusione, Cimitero, Diversità, Speranza, Salvezza.
Giudizi, aspettative, sentimenti, diversi, spesso opposti, confliggenti: mostrano, però, che l’Europa non è qualcosa di lontano o un mero progetto, ma una realtà centrale nella vita della gran parte delle persone, nel bene o nel male. Parole sull’Europa. Parole dell’Europa. Raccolte e scritte su un pezzo di stoffa. Un taglio le attraversa. Unione fragile, che contiene ferite vive nella memoria, che non vanno coperte. L’arte come rammemorazione contro ogni rimozione. Unione che va costruita, cucita, con attenzione, cura, senza forzature, con lo sguardo concentrato a evitare gli strappi e la mente che guarda lontano.







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