Egregio senatore e collega,
le scriviamo dopo aver letto sui giornali dell’incarico da lei affidato a sei giovani architetti per riqualificare alcune periferie delle nostre grandi città e della selezione dei progettisti avvenuta attraverso un bando anonimo sostenuto da risorse finanziarie derivanti dal suo stipendio da senatore.
Siamo un gruppo di architetti che, in occasione della recente elezione del Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Roma, ha posto l’attenzione sulle competenze dell’architetto oggi in Italia e sull’occupazione delle giovani generazioni; da qui il nostro particolare interesse per la sua iniziativa.
Con questi incarichi lei ha messo in evidenza due grandi questioni: il rapporto tra città e periferia e la condizione odierna dei giovani architetti che, anche se ricchi di qualità, sono ormai rassegnati a non vedere riconosciuti i propri meriti.
Oggi si discute molto sulla necessità di contrastare finalmente il consumo di suolo e di rigenerare quelle parti di città che hanno bisogno di interventi per la sicurezza, per il risparmio energetico, per la mobilità e per una nuova qualità urbana. Per fare ciò, oltre alle risorse finanziarie che anche in periodo di crisi possono essere reperite direttamente dal processo di trasformazione urbana, è necessario porre anche la qualità del progetto come condizione di successo; ciò è possibile se si riesce a riproporre la cultura del progetto come esigenza prioritaria e ineludibile.
Da anni invece la finanza è stata il motore principale delle trasformazioni urbane; le sue finalità e i suoi obiettivi hanno relegato il progetto al margine dei processi di trasformazione; in questo quadro la periferia è stata particolarmente penalizzata rispetto al resto della città.
La sua iniziativa quindi è importante perché rappresenta una proposta di riequilibrio urbano e di recupero del progetto pensato non solo per realizzare le grandi opere rappresentative, ma anche per diffondere nella città la qualità che, come lei ha ricordato, ritroviamo solamente nei centri storici.
Ci rivolgiamo a lei anche come nuovo senatore, per farle presente che c’è bisogno di riversare la cultura del progetto anche all’interno della cultura legislativa. Su questo aspetto c’è stata una disattenzione nel recente passato che ha generato provvedimenti legislativi inopportuni e inadeguati e anche disuguaglianze tra i diversi soggetti impegnati nei processi di trasformazione urbana; sicuramente le nuove generazioni di progettisti, non avendo trovato gli spazi adeguati per misurarsi sulla città, sono state fortemente penalizzate.
Ci auguriamo che la sua iniziativa raccolga un ampio consenso e che sia l’occasione per apportare alcune modifiche legislative finalizzate alla riqualificazione in primo luogo della città pubblica. In particolare il Codice degli appalti, nel disciplinare la realizzazione delle opere pubbliche, configura il progetto, al pari delle forniture di beni e delle prestazioni esecutive, come un sevizio e non come una prestazione intellettuale; ne deriva che con questa impostazione la selezione dei progettisti avviene sulla base di requisiti fondati sul fatturato e sul curriculum costruito con l’elenco delle opere progettate senza alcuna verifica della loro qualità.
In queste condizioni un giovane architetto, anche se di valore, come può competere?
Infine per alcune tipologie di opere, ci permettiamo di riprendere la sua proposta e di suggerire una prima integrazione al Codice in modo che possa essere prevista la figura del “progettista tutor”, come figura di garanzia in caso di incarichi direttamente assegnati a giovani progettisti sulla base di valutazioni di merito. Sarebbe un’innovazione legislativa per riconoscere a pieno titolo, come lo è stato nel passato, il valore del progetto.
Cogliamo l’occasione per augurare successo alla sua iniziativa e per inviarle i migliori saluti.
Roma, 1 gennaio 2014
Firmata da architetti iscritti all’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia, promotori del gruppo “AeC Architettura e Cambiamento”: Massimo Cardone, Eleonora Carrano, Carla Corrado, Martina Garattoni, Marcella Santoro, Rossella Sinisi, Margherita Soldo, Andrea Stipa, Franco Tegolini,
e inoltre pur non essendo promotori:
Rossana Buldorini, Sonja Buldorini, Alberto Giuliani, Giorgio Mirabelli, Maria Spina, Gabriella Restaino, Emma Tagliacollo.
I miei ossequi al dott. Renzo Piano, e a tutti gli architetti con la speranza della reale presa di coscienza da parte di tutti voi dell’importanza del vostro lavoro. Quello che voi pensate e costruite è quello che accompagnerà la vita di tutti noi perché ci vivremo dentro. Che la Bellezza che voi vorrete concepire sia una bellezza facilmente comprensibile da tutti in modo da rendere più bello il mondo a tutti. Nei decenni scorsi non è stato così e sono stati concepiti dei veri aborti, veri e propri monumenti funebri per le persone che vi sarebbero vissute e lentamente morte dentro, morte per il grigiore che quelle opere gli trasmettevano. Se non i palazzi almeno i locali pubblici e di culto Devono poter essere motivo di ammirazione ed orgoglio per tutti coloro vivono attorno ad essi, così come era nel periodo classico, nel gotico, nel rinascimento, nel barocco. Opere che ognuno porta nella sua vita come esempio di bellezza e come vanto per appartenere alla comunità che in quelle opere si identifica.
L’errore più comune è quello di focalizzarsi su dettagli che certamente potranno suscitare l’ammirazione degli “addetti ai lavori”, ma questi dettagli non vengono colti dai comuni mortali, suscitando dunque in chi osserva le opere un senso di smarrimento, un grande punto interrogativo, non una domanda senza risposta ma una risposta senza domanda. Sia dunque la bellezza Facile, sia fruibile da Tutti.