
“Credo che prima di tutto vada presa coscienza dei fatti che ci hanno condotto a veder fallire idee legate a concetti razionalisti che sono diventati, inconsapevolmente, strumenti della speculazione edilizia“. Il contributo di Marco Petreschi, architetto, professore di progettazione architettonica per il #DOPO covid.
Sarà uno sforzo enorme, specie da parte degli architetti, modificare i luoghi ove attualmente viviamo. La politica, gli amministratori, il mercato, l’ evoluzione tecnologica, la cultura, quantomeno quella ufficiale, hanno contribuito a creare dei veri e propri mostri urbani. Le città ovunque si assomigliano a cominciare dalle loro architetture, dai canali convulsi della mobilità, fino a agli stessi modelli distopici di vita.
Ora ci accorgiamo, con l’arrivo devastante del virus corona, che tutto deve cambiare. Ma come? Da più parti si odono idee e suggerimenti carichi di buone intenzioni, ma del tutto generici del tipo ricercare nuove organizzazioni collettive, rovesciare i modi di vita delle città, procurare nuovi corredi tecnologici e così via. Ma con quali mezzi e strumenti?In tutto questo caos, credo che prima di tutto vada presa coscienza dei fatti che ci hanno condotto a veder fallire idee legate a concetti razionalisti che sono diventati inconsapevolmente, strumenti della speculazione edilizia, come quelle dell’ existenz minimum che spesso hanno generato nei loro angusti spazi aggressività e claustrofobia. Di seguito il movimento organico da me, un tempo tanto amato che, con il concetto di pianta libera ha reso complessa la coabitazione, con interferenze nella privacy per non parlare di rumori e odori, oggi particolarmente d’impaccio alle incatenate relazioni familiari.Rendersi conto che la sfera pubblica ha reso le armi a quella privata, affidandole l’espansione delle città. Nessuno è più stato in grado dai tempi dell’INA casa di redigere un piano per le abitazioni, emanando i politici, solo condoni su condoni e pastoie terrificanti di burocrazia che paralizzano qualsiasi cambiamento come i codici degli appalti. Altro fattore pregiudizievole è dovuto al distacco della politica dalla cultura. In particolare le facoltà d’architettura che seguitano a ignorare il mondo della costruzione e del mercato, producendo ricerche che, poco o niente, hanno finora influito sull’evoluzione qualitativa delle città. Potrei seguitare elencando un’infinità di altri incidenti di percorso. Ma considerando che idee tante, mezzi e strumenti pochi come ad esempio le capacità di programmazione politica, suggerirei di ripartire dal basso, riformando gli standard abitativi per vecchie e nuove abitazioni per migliorare la qualità della vita costruendo così un primo passo per un innovativo futuro assetto urbano. Credo ce ne sia di ben donde, il tutto in attesa di tempi migliori.
Marco Petreschi
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.