Pacific Trash Vortex

Garbage State

Nel Dicembre 2011, presentando la casa di Massimo Alessandrini con la sua straordinaria collezione di frammenti di giocattoli di plastica raccolti sulle spiagge mediterranee, Carlo Severati scriveva:

“…..Fuori di questa in fondo rassicurante storia patria, nei 141 anni passati, è successo di tutto nel mondo. Fino al Pacific Trash Vortex, il cumulo di plastiche non degradabili grande come la Spagna o più, che saltuariamente scarica sulla costa delle Haway colline di rifiuti alte metri, spinto dalle correnti. Il nostro Autore non sta, ovviamente sempre a casa. E’ a casa o fuori casa indipendentemente da dove si trovi davvero. Fra le compressioni (realizzate con i bassi soppalchi in ferro e legno ) e le  dilatazioni ( la prima delle quali è l’uscita dalle scale al terrazzo d’ingresso) della sua casa, Massimo Alessandrini ha disposto numerosi frammenti, senza celebrarli. Anticipa forse l’autore, il destino di quei cento milioni di famiglie che, se si volesse oggi far scomparire il vortice di plastica, dovrebbero mettersene in casa un metro cubo. Se i pezzetti di plastica di Alessandrini sublimano un dolore, l’estetica della profezia di Marcuse prenderà forse vita come sublimazione del riconoscimento attonito che per le future generazioni non ci sarà più nulla ( o troppo) da fare…”

Anna Turletti, giovane scrittrice, pubblica con Hogwords ( Pinerolo, 2012) , Il settimo Continente, racconto per bambini ambientato sul Pacific Trash Vortex – o Garbage Patch, come anche viene chiamato- . L’evento più recente di maggior rilievo è certamente il riconoscimento simbolico del Vortex – Garbage State – ottenuto dall’UNESCO a Parigi il 4 Aprile 2013 con la presentazione di una installazione di Maria Cristina Finucci su iniziativa congiunta dello IUAV e della Sede UNESCO Venezia.

In realtà questo nuovo Garbage Patch State – la possibile nascita del quale era stata prevista nel 1988 NOAA , National Oceanic and Atmospherical Administration , USA- sembra purtroppo destinato ad avere  altri tre – se non quattro- stati fratelli.

Il maremoto del 1911 ha modificato temporaneamente il sistema delle correnti oceaniche e generosamente redistribuito il garbage patch.

Ma anche se ci mancano notizie della sua presenza nel sistema di correnti dell’ Oceano Indiano, ricerche specifiche ne hanno rilevato la presenza nel Pacifico meridionale, ad ovest del Perù, e nell’Atlantico: a Nord, Mar dei Sargassi, e a sud, fra Argentina  e sud Africa.

Bisogna chiedersi da dove venga questa immensa massa di residui di plastica. Da incidenti nel trasporto marittimo, dalle aree industriali, dalle città, principali sedi del consumo.  Torna così in campo, vista dagli oceani, la cruciale questione delle città smart: non solo città a basso impatto locale e prevalentemente powered con fonti rinnovabili di energia. Ma anche città “che studiano e imparano” pensando in senso ampio al territorio.

Se ne è discusso recentemente  all’incontro Open Mind Roma tenutosi a VISIVA a Roma ( 7-11-2013 ).

Uno dei programmi MSAUD alla Graduate School for Architecture, Planning and Preservation di Urban Design Studio ( GSAPP ) titola: Learning Cities, smarter regions.

Torniamo così, per similitudine, al learning citizens: all’organizzazione di comportamenti individuali degli abitanti delle città che costituisce uno dei compiti di Embrice2030.

Carlo Severati

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2 pensieri su “Pacific Trash Vortex

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