𝗩𝗜𝗦𝗜𝗢𝗡𝗘, 𝗖𝗢𝗦𝗧𝗥𝗨𝗭𝗜𝗢𝗡𝗘, 𝗥𝗢𝗩𝗜𝗡𝗔. 𝗣𝗥𝗢𝗚𝗘𝗧𝗧𝗜 𝗗𝗜 𝗔𝗟𝗗𝗢 𝗔𝗬𝗠𝗢𝗡𝗜𝗡𝗢

mostra a cura di Eleonora Carrano, Carmelo Baglivo.

Sono esposti presso la Galleria Embrice, dal 6 al 13 maggio 2023, disegni, fotografie e plastici delle architetture di Aldo Aymonino: Interventi alle bocche lagunari per la regolazione dei flussi di marea (sistema MOSE Venezia); Bocca di Chioggia – spalla nord, inserimento architettonico delle opere in vista (2004-2020); Roma 20_25: recycle landscape, recycle assets, recycle energy, recycling future (2015); Isolario Venezia Sylva. Un gaio disastro: Desdemona, Iago e l’incessante mutamento (2022); Capriccio (2021).


Inaugurazione: Sabato 6 Maggio, dalle 18,00

Dialogo con l’architetto, Sabato 13 Maggio dalle 18,00 alle 20,00. Intervengono con Aldo Aymonino: Stefano Catucci, Gabriele Mastrigli, Laura Thermes


contributo critico di Stefano Catucci

Così come esiste una storia dell’architettura dovrebbe esistere anche una storia dei segni in architettura. Il disegno tecnico, quello libero, gli schizzi, l’uso della matita, del carboncino, della china, gli accostamenti di colore con l’acquerello che suggerisce volumi senza ancora determinarli non hanno tutti né la stessa natura né la stessa espressività. Appartengono però al luogo di nascita delle idee architettoniche e mostrano come la loro dimensione di senso sia intensiva, non estensiva. Dove compare un’idea architettonica, e dove comparirà un’architettura, si produce un gioco di forze radianti lungo due direzioni. Una è centrifuga, parte dall’architettura e investe con i suoi effetti ciò che diventerà il suo contesto. L’altra è centripeta, cattura quel che è fuori e persino lontano da lei in un blocco di spazio-materia trascinandolo fin nei suoi recessi interni. Di qui nascerebbe anche l’importanza di analizzare le variazioni di velocità dei segni in architettura, il modo in cui sono stati tracciati, per riconoscere dove sia stato massimo l’addensamento dell’idea e dove siano stato più pazienti i suoi sviluppi.

Nelle architetture di Aldo Aymonino il passaggio dal disegno al progetto, all’elaborato tecnico, al rendering e alla costruzione racconta un processo concettuale e fisico nel quale fin dal principio l’architettura è guidata da un’idea inseparabile dai suoi modi di espressione. A mano a mano che si procede dai primi abbozzi alla definizione a cambiare non è tanto l’idea, quanto il suo potenziale attuativo. Questo, a sua volta, non si concretizza restringendo l’immaginazione dell’idea ma al contrario arricchendola, aggiungendo nuovi elementi di connessione materiale e metaforica a quelli che erano stati messi gioco inizialmente. Le ricerche preliminari su un sito possono fare emergere la genealogia della sua configurazione attuale, descriverne le caratteristiche ambientali, valutare l’impatto sistemico che nuovi interventi tecnici possono avere avuto sul paesaggio umano, sociale e naturale. L’idea architettonica di Aldo Aymonino non va alla ricerca di compromessi o punti di equilibrio, non cerca solo di armonizzarsi con il contesto naturalistico né tantomeno di rivestire i dispositivi tecnici con una confezione estetica. Invece di limitarsi a mettere ordine nei frammenti di uno spazio lacerato queste architetture fanno letteralmente apparire relazioni invisibili o che sembravano scomparse, le attivano e le mettono in movimento evidenziando i loro riflessi anche con l’uso di materiali che giocano con il sole e con l’acqua, oppure con l’illuminazione notturna che le trasforma in personaggi teatrali. Sono letteralmente architetture in movimento nelle quali le scelte stilistiche, formali, diventano il condensatore dei blocchi di spazio-materia in cui consiste l’idea.

L’esempio delle due bocche lagunari di Chioggia è emblematico. È il tentativo di trovare il luogo di un dialogo fra la tecnologia e il paesaggio proprio attraverso il medium di un’architettura che tuttavia non funge da raccordo, ma da principio di trasformazione. Tramite i cambiamenti percettivi che genera l’architettura compone in un nuovo disegno esigenze e attività che sembravano antitetiche. Ma è proprio quando viene chiamata a misurarsi con un insieme di elementi apparentemente incomponibili che l’architettura ha bisogno di idee e non di soluzioni standard. In questi lavori di Aldo Aymonino le idee architettoniche sono appunto sistemi di connessione fra elementi disomogenei che trovano espressione nella continuità fra disegno, progetto e costruzione. Le scelte formali sono un segnale di queste reti sistemiche, ne rappresentano i nodi, ma non ne sono il fulcro.

È inevitabile che le forme siano la parte più appariscente del progetto, in fondo si tratta pur sempre di edifici, ma se riducessimo queste architetture ai loro valori figurativi e plastici saremmo molto lontani dal comprenderle. L’individualità stilistica e formale di questi progetti è infatti l’affermazione dell’impossibilità di generalizzare delle soluzioni, anzi della necessità di rimanere perfettamente aderenti al luogo e al tempo nei quali si è chiamati a operare. Ognuno di questi progetti di Aldo Aymonino afferma un punto di vista singolare e specifico. Sebbene i temi affrontati siano molto grandi — i paesaggi dell’uomo, della tecnica e della natura— le risposte hanno un carattere sperimentale e non generalizzante. Ogni progetto è un caso esemplare, un modello che può anche non essere destinato a ripetersi e diventa l’occasione per misurare i rapporti fra ciò che l’architetto pensa e ciò che fa, ovvero più o meno a ciò che definiamo un’etica.